Senza la politica il futuro è buio


Alla luce di ciò che sta avvenendo in queste ore nelle borse europee, e soprattutto italiana, ci sembra opportuno proporre questo editoriale di Antonio Dostuni apparso oggi sul quotidiano" La Provincia".

Lo scandalo Barclays, che negli ultimi giorni ha scosso i mercati, dimostra ancora una volta l'opacità del capitalismo finanziario e le gravi responsabilità del sistema bancario nell'avere inoculato nell'economia mondiale il germe di una stagflazione (stagnazione ed inflazione insieme) permanente che rischia di mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza del capitalismo. La vicenda è nota. I manager di Barclays, che rappresenta la seconda banca inglese, hanno ammesso di aver manipolato, dal 2005 a l 2009, il tasso di riferimento del mercato interbancario. Si tratta dell'ennesimo caso che dimostra la necessità, divenuta ineludibile, di riportare l'asse della storia sul crinale della politica per evitare che gli stati nazionali si riscoprano , un giorno, deprivati della propria sovranità. Il rilancio della politica, pertanto, non significa altro che riaffermazione del primato della legalità. La globalizzazione è un processo che può essere governato a condizione che il diritto si riappropri della sua naturale vocazione a dettare le regola del gioco. I mali del capitalismo finanziario risiedono esattamente nella sua innata propensione a rifiutare le regole in nome della sacralità del mercato. Da questo nasce quella che Bauman definisce” la solitudine del cittadino globale”, di un cittadino sempre più spaventato da un mondo governato da processi economici di cui egli non è in grado di comprendere né le origini né le dinamiche.
Se è vero che indietro non si può tornare, è altrettanto vero che si può ( e si deve!) trovare la forza di creare un diritto soprannazionale in grado di determinare principi comuni volti a governare gli “animal spirits” di un capitalismo storicamente refrattario alle regole che conserva la poderosa capacità di creare ricchezza senza, tuttavia, distribuirla equamente. Questo è lo scopo precipuo della democrazia, a questo serve la politica che non può limitarsi a svolgere un ruolo subalterno all'economia, come è stato finora. Questo dovrebbe essere il principio su cui l'Europa dovrebbe fondare la propria dialettica con gli altri Stati. Risulta fin troppo chiaro, oramai, che la recessione non potrà mai essere battuta per via omeopatica, come pensa la BCE, attraverso, cioè, l'adozione di politiche restrittive che impoveriscono ulteriormente il cittadino.
Occorre uscire dalla logica economicistica di ritenere che il benessere dei popoli possa dipendere dall'andamento dello spread che, salendo, fa aumentare in un sol colpo il debito di uno Stato e la massa dei disoccupati. Ridare lo scettro alla politica significa, per esempio, restituire al sistema bancario il ruolo naturale di supporto alle imprese , imponendo di fornire un aiuto alla produzione. Ridare alla politica la sua centralità, rinunciando ad essere sempre ancella dell'economia, significa dire chiaro alla BCE che occorre restituire alla democrazia il potere di decidere le sorti del cittadino. In caso contrario, la democrazia è un guscio vuoto nel quale perfino le elezioni sono un'inutile liturgia.
Antonio Dostuni
da "La Provincia" del 23 luglio 2012

1 commento:

  1. Certo, forse la sottomissione della politica al volere economico è la causa di tutti i mali, ma quale la ricetta, quali gli strumenti per svincolare la politica?
    Anche a Sondrio sappiamo bene quanto i poteri economici hanno condizionato le scelte della città (sopratutto in tema di urbanistica) e anche qui, cambiare marcia sarà l'impresa più difficile che la costituente ha dinanzi.

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