Le risposte dei candidati



Il candidato Giordano Caprari ha inviato le sue risposte. Lo ringraziamo perchè si è reso disponibile alle nostre sollecitazioni.
Speriamo di aver dato un quadro delle proposte in campo per queste Elezioni Regionali.

GIORDANO CAPRARI, Candidato al Consiglio Regionale per il PDL



1. Una delle condizioni necessarie per il buon governo del territorio e' la semplificazione amministrativa. La frammentazione del potere decisionale, suddiviso in una miriade di enti, rende difficoltoso ed oneroso il funzionamento della macchina amministrativa.
Quali sono le proposte concrete dei candidati al fine di arrivare  alla  fusione tra comuni e la soppressioni enti inutili.
Sono nato e cresciuto in questa terra e credo di portare in dote un prezioso tesoro: la storia, la tradizione e la cultura dei nostri antenati. Secondo me questo è un legame indispensabile per affrontare con maggiore chiarezza e determinazione le problematiche che la vita odierna ci impone.
Forte di questo pensiero, che ho sempre fatto mio, ho deciso così di mettermi a disposizione della comunità di Valtellina e Valchiavenna: per questo mi piacerebbe confrontarmi con tutti, cittadini, amministratori pubblici, imprenditori, associazioni e portare le istanze del territorio in Regione, esprimendo con forza non solo i nostri bisogni e i nostri sogni, ma anche l’importanza strategica della nostra terra. Ho alle spalle oltre vent'anni di esperienza di governo di piccole amministrazioni ed enti locali: da sempre sono abituato a parlare con i cittadini per trovare soluzioni concrete ai problemi del territorio in cui abitiamo. Trasparenza, confronto, ricerca e sviluppo delle soluzioni possibili da sempre sono stati i fattori che hanno caratterizzato il mio impegno politico.Un passaggio possibile, secondo me, quello dall'idea ai fatti, grazie ad un'attenta analisi del territorio, delle sue possibilità e potenzialità. Rispondere ad esigenze concrete è stato il mio modo di operare e i risultati sono stati ottenuti anche grazie ad un lavoro sinergico volto al raggiungimento di quello che era un obiettivo comune: come, ricordo, la scommessa vinta dell'Università.
Avendo una profonda conoscenza delle problematiche che quotidianamente devono affrontare i sindaci e gli amministratori locali, comprendo bene la necessità di una apertura verso progetti di importanza provinciale  ed in particolare l’esigenza di realizzare un’unica strada per far in modo che piccoli comuni non muoiano e non perdano la loro importanza strategica. Altra questione di importanza fondamentale è l’Unione dei Comuni. L Unione se da un lato costituisce un passaggio necessario per unire le sinergie e ottimizzare i costi di alcuni servizi favorendo una gestione associata. A titolo esemplificativo, della ragioneria, delle segreterie, di uffici tecnici e dei servizi agli anziani; dall’altro non deve implicare la  perdita dell'identità dei singoli comuni.
Infine, per quanto riguarda il ruolo delle comunità montane non si può non dichiarare che ci troviamo di fronte ad un bivio: o questi enti sovra-comunali si attrezzano per gestire in nome e conto dei comuni i servizi oppure se si sceglie di creare la strada dell'unione dei comuni si sgonfia il loro ruolo. Dobbiamo scegliere. A fine 2012 abbiamo dovuto firmare tre convenzioni, ma entro il 2013 dobbiamo decidere gli accorpamenti degli altri 9 servizi.


2. Il sistema socio sanitario della nostra Provincia attraversa un momento particolare. A fronte di una offerta sanitaria diversificata sul territorio ( quattro presidi ospedalieri) osserviamo una carente offerta sociosanitaria  rivolta in particolare allo stato di disagio sulle cronicità e sulla riabilitazione.
Quali sono le proposte in materia?
Partiamo da un punto fondamentale: i cittadini hanno bisogno di sentire e vedere un presidio sanitario vicino casa, soprattutto in una zona come la nostra poco dotata di vie di comunicazioni ad alto scorrimento. Di certo, però, occorre far qualcosa per modificare la situazione perché il sistema sanitario della regione Lombardia, anche se non raggiunge i risultati disastrosi di alcune regione d’Italia, rischia anch’esso di precipitare verso una china di non ritorno. Occorre,  a tale scopo, aumentare l’efficienza sanitaria senza però implementare i costi del servizio e, soprattutto, senza far perdere neanche un posto di lavoro a chi mettendo  a disposizione  la sua professionalità  a favore del servizio sanitario, rende ed ha reso la sanità lombarda un modello per il Paese. Per realizzare questo ambizioso obiettivo si potrebbe pensare di mantenere nei Comuni dove già esiste un presidio  ospedaliero un efficiente servizio ambulatoriale accentrando tutte le altre attività presso l’ospedale di Sondrio. Nello stesso tempo, per rispondere tempestivamente alle situazioni d’urgenza si potrebbe pensare di creare un servizio di ambulanza non solo per il tramite le ambulanze ma anche usando eliambulanze che potrebbero, in tempi veramente irrisori, permettere di raggiungere non solo l’ospedale di Sondrio, ma ove ve ne fosse la necessità, gli ospedali di Lecco e Milano.  


3. Sempre in tema di politiche sociali quali sono le proposte  concrete per dare una risposta ai tanti problemi legati alla famiglia?
Il dibattito sul disagio sociale nella Provincia di Sondrio è tutt’altro che nuovo - si pensi che già nel 2001, quindi ben undici anni fa, il Sistema dei servizi sociali della Provincia di Sondrio aveva sentito l’esigenza di presentare un rapporto proprio sugli indicatori e sull’evoluzione del disagio sociale nel nostro territorio in comparazione con il resto della Lombardia - dobbiamo ora considerare che vi sono molti nuovi ostacoli di carattere sociale ed economico a rappresentare un ulteriore fattore di disagio rispetto alla quale un forte richiamo proviene anche dalla Diocesi e dalla Caritas di Sondrio.
Mi rifaccio alla fonte più autorevole che possa esserci, ancora una volta il Sistema dei servizi sociali della nostra Provincia, per evidenziare dati relativi all’attualità i quali certamente devono farci riflettere su alcune questioni chiave che non possono non preoccuparci, ma anche senza drammatizzare situazioni rispetto alle quali è possibile e doveroso intervenire.
Infatti l’ultimo Rapporto sul disagio sociale, che analizza i dati al 2011, ci racconta di una realtà nella quale la nostra Provincia manifesta ancora tassi di suicidio da non sottovalutare, seppur in calo costante rispetto ai terribili picchi degli anni 2002, 2004 e al dato anch’esso preoccupante dell’anno 2008. Il suicidio indica un disagio percepito, da chi poi si toglie la vita, come incomunicabile e disperato. Ecco perché tutti noi, a partire da chi riveste cariche di governo nei territori, siamo chiamati a prevenire e contrastare le tante, ancora troppe, situazioni di emarginazione sociale ed economica che spesso sono causa di quella che, in fondo, è una sconfitta dell’intera società nel momento in cui un essere umano decide di togliersi la vita sotto il peso di un disagio ritenuto insopportabile e probabilmente impossibile da condividere perfino con le persone più care e la famiglia . In un contesto nel quale la popolazione anziana (secondo le statistiche si intende con questa definizione quanti hanno 65 o più anni di vita, anche se sappiamo che ormai la durata media della vita si sta allungando sempre di più grazie agli sviluppi della medicina e al diffondersi di stili di vita più salutari anche nella fascia della terza età) è in costante aumento - le statistiche parlano di circa 37mila anziani nella nostra Provincia rispetto ai circa 29mila del 1997 - appare evidente come le politiche di assistenza e sostegno agli anziani siano essenziali per la nostra società perché sostenere loro significa sostenere le famiglie. Qui la situazione della provincia di Sondrio è ambivalente: su un piano, infatti, all’aumentare della popolazione anziana sta progressivamente diminuendo la quota di quanti vivono nel rischio di povertà. Ma su un altro piano il crescere della quota di anziani si è accompagnato al manifestarsi di disagi emergenti nella vita di quanti, all’interno della popolazione in età avanzata, sono in situazione di difficoltà medica o psichica (penso in particolare ai dati relativi ai tempi medi di attesa degli accertamenti di invalidità e agli iter per l’accertamento degli handicap). Così come vi è un problema in crescita relativo alle cure e alle modalità assistenza in favore della quota di anziani con disturbi psichici.
Senza dilungarmi oltre, infine, evidenzio due ulteriori fattori:
Il primo riguarda la constatazione che, tra il 1997 e il 2011, è cresciuta in modo quasi costante (e percentualmente maggiore rispetto al trend di crescita del numero di famiglie registrate nella provincia di Sondrio) la quantità dei provvedimenti di sfratto, che dal 1° gennaio al 31 agosto 2012 (ultimo dato disponibile, fonte Caritas di Sondrio) sono stati 229, ovvero sei di più di quanto era avvenuto in precedenza nell‘intero 2008, che era stato proprio l‘anno nel quale il trend degli sfratti in provincia ha cominciato a crescere.
Il secondo attiene alla situazione economica della Valtellina e della Valchiavenna. Il nostro territorio sta risentendo della crisi economica che colpisce, nel quadro di difficoltà che si registra a livello europeo, l’Italia.

Ciò mi porta alla considerazione, che desidero condividere con voi, su come la crisi economica, nel modo più evidente, stia nel nostro territorio determinando una crescita (per alcuni indicatori, come accennato prima, molto chiara) del disagio sociale che trova riscontro, in particolare, in situazioni di povertà più diffusa tra le famiglie e di rischio di povertà per gli anziani. Le politiche sociali sono un elemento essenziale delle attività delle regioni. Infatti, in base all’attuale assetto del Titolo V della Costituzione, i servizi socio-assistenziali sono di competenza regionale. Ecco allora che far parte del Consiglio regionale in rappresentanza del nostro territorio sarebbe per me una grande possibilità per poter dare un contributo concreto da una parte a portare all’attenzione del governo regionale i problemi che caratterizzano il quadro sociale della Valtellina e della Valchiavenna e dall’altra a proporre soluzioni concrete che consentano di offrire soluzioni condivise a chi, nella nostra Provincia, vive situazioni di disagio sociale. Ed è proprio per tale ragione che vorrei adottare un nuovo approccio alla politica sociale. Più che propormi, in questa sede, come risolutore dei problemi ai quali è difficile dare una soluzione in tempi brevi, preferisco che mi consideriate come un collettore, un referente delle vostre e nostre problematiche per la cui risoluzione mi attiverò con tutte le mie forze  in sede regionale.


4. In tema di tasse quale è la proposta inerente una eventuale alleggerimento della addizionale irpef regionale?
Ci troviamo in un momento di grave crisi economica, probabilmente il Paese sta attraversando la più grande crisi del dopoguerra. Ritengo che politiche volte ad aumentare le tasse più che a ridurle non possono che, a mio avviso, favorire una spirale recessiva che abbiamo l’obbligo morale, prima che politico, di fermare. Le famiglie, così come le imprese, non sono più in grado di sostenere un peso fiscale quale quello di oggi. Dovrò fare di tutto per ridurre la pressione fiscale che grava sulle famiglie e sulle imprese perché abbassare la pressione fiscale significa far ripartire l economia e soprattutto il comparto dell’edilizia che costituisce una dei principali indotti dell’economia valtellinese. Basti pensare che quasi la totalità delle imprese valtellinesi sono legate in modo diretto o indiretto a questo settore.
Il mio impegno è quello di ridurre le tasse tagliando gli sprechi  per far ripartire l’economia.  

5. Quali sono le proposte per il rilancio delle imprese e della occupazione in Provincia e nella nostra città?
Al fine di rilanciare concretamente le imprese e l’occupazione non solo in provincia ma anche in città io propongo una proposta concreta: la realizzazione di una Silicon Valley  provinciale. A tale scopo ho già predisposto una proposta di legge da presentare in regione che riceverà anche il supporto a livello nazionale, per finanziare il settore Hi Tech.
L idea è quella di creare un distretto tecnologico che valorizzi le aree di montagna e ne favorisca lo sviluppo creando sinergie tra procedimenti di formazione ad alto tasso di conoscenza ed impresa per far in modo che le persone che vengono formate siano immediatamente inserite nei processi produttivi. L’impegno è quello di creare offerta di lavoro ad alta specializzazione facendo in modo che i giovani della nostra provincia non siano costretti  a studiare fuori provincia dove poi rischiano di rimanere, sottraendo così risorse giovani e altamente specializzate alla nostra terra.  Ed è proprio per questo che, riprendendo ed o ingrandendo un successo già ottenuto – il polo distaccato a Faedo dell’Università Bicocca di Milano per la formazione di infermieri- ho pensato di riprendere in mano il progetto per la realizzazione di un polo tecnologico supportato da un indotto di imprese Hi tech finanziate, secondo modalità che andranno stabilite, dalla regione.

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