Considerazioni sulla nostra Provincia


Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera del sig. Marini
Spett.le Costituente Civica di Sondrio, dopo il successo ottenuto al Policampus all’esordio dell’assemblea costituente della scorsa settimana, con questa lettera cerco di argomentare perché la Provincia di Sondrio non verrà abolita.
Il nuovo riordino delle Provincie che il Governo Monti con un decreto legislativo vorrebbe realizzare, secondo il mio modesto parere è destinato a rimanere solo sulla carta. In un mondo globalizzato se si vuole riordinare le amministrazioni locali  degli stati bisogna iniziare dall’alto aggregando prima  le Regioni  poi via via verso Province e Comuni . Questo riordino ha troppe incongruenze che lasciano varchi aperti alle motivazioni oggettive delle Provincie che ricorreranno alla Corte Costituzionale e ai tribunali amministrativi. A me pare che un governo tecnico non sia legittimato a ri- perimetrare territori di enti locali con più di un secolo di storia.

Le Provincie, che storicamente hanno sempre avuto il significato di circoscrizione amministrativa, a capo delle quali in epoca romana veniva posto un funzionario scelto dal potere centrale, scomparsero durante le invasioni barbariche e furono ripristinate da Napoleone nella costruzione dell’assetto amministrativo dello Stato moderno; a quanto pare in Italia hanno avuto successo se dall’unità a oggi sono raddoppiate. E’ vero che il ruolo della Provincia si è indebolito dal 1970, con la creazione delle Regioni che ne hanno assunto molte competenze, ma è inaccettabile che la Provincia, per decreto, diventi un ente locale governata ancora da “nominati”con elezioni di secondo livello. Non ci sarà collettività territoriale vera se non attraverso l’invito ai cittadini di votare insieme. E’ dunque indispensabile che le Provincie vengano amministrate da un presidente e da un’assemblea eletta dai cittadini. E’ umanamente comprensibile che tutte le parti correlate, vale a dire quelle che ruotano attorno alle satrapie locali (sindacato, unioni di categoria, enti territoriali ecc…), si siano immediatamente attivate nella raccolta di firme e comunicati stampa per difendere, anche con argomenti risibili, la Provincia, preoccupate di vedere diluita in un contesto più ampio della piazza valtellinese la loro visibilità mediatica e rappresentanza territoriale, nell’eventualità di una aggregazione con altre Provincie perché non raggiungiamo la soglia di 350 mila abitanti.
C’è chi, a digiuno dalla nostra storia, ha proposto di unirci a Brescia e chi a Bergamo, senza considerare che la contiguità territoriale con queste Provincie ha portato nei secoli solo sporadici contatti socio-economici e culturali che hanno lasciato poca traccia; è dal paleolitico che lungo il corso dei fiumi (Adda e Mera compresi) si sono sviluppate le secolari relazioni fra le varie comunità. Se si volesse stabilire una omogeneità territoriale sulla base delle relazioni sociali ed economiche, e dei problemi comuni indotti dalla modernizzazione, ci si accorgerebbe che Milano è più vicina alla Valtellina delle Province limitrofe. A questo punto del discorso fanta-politico, perché non dividere la Valtellina in tre? La Val Chiavenna annessa alla Provincia di Como per dotarla dei 1212 km quadrati necessari a raggiungere la soglia degli agognati 2500 necessari al mantenimento dello status di Provincia, altri 1684 Km quadrati li porta in dote il terziere di mezzo per aiutare Lecco a raggiungere il quorum, ed infine l’alta valle annessa a Brescia, Bolzano o Trento.
Siamo seri, la realtà e un’altra; nessuna delle 6 province confinanti possono inglobare la Valtellina e cancellarla dall’ordinamento amministrativo perché la sua conformazione orografica, simile alla Valle d’Aosta (tranne che per i collegamenti stradali), ha tutte le caratteristiche per essere una Provincia di fatto prima che di diritto. Il territorio tutto montano accreditato di 3200 Km quadrati nella realtà è quasi il doppio, perché formato da monti e valli che hanno una superficie esposta alla luce del sole e alle intemperie superiore della proiezione planimetrica censita sulla carta topografica, ed anche per questo la Valtellina necessita di un ente territoriale dotato di risorse aggiuntive rispetto ad altre realtà. In conclusione, penso che il crescendo dell’antipolitica che soffia sul collo “dell’Onorevole Casta”, in prossimità delle elezioni, ha obbligato il Governo Monti a dare in pasto alla pubblica opinione il soggetto politicamente più debole che da anni è in agonia, vale a dire la Provincia. In Parlamento a Roma gli onorevoli colleghi fanno il doppio gioco e  sono per l’abolizione delle Province, mentre nei rispettivi collegi elettorali o circoscrizioni per tutelare il “seggiolo elettorale”sono favorevoli al loro mantenimento. Negli stati democratici è consuetudine degli eletti fare uso dell’astuzia e spesso dell’inganno per mantenere il potere sulla “cosa pubblica” a tutti i livelli dal Comune allo Stato. Il riordino delle Provincie sarà l’argomento di “distrazione di massa” su cui si farà l’imminente campagna elettorale. Per ora credo che non sarà il Governo Monti 1° (in attesa del 2° ?) a decidere la sorte di metà delle Province italiane.
                                                                                                                           Silvano Marini  

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